RACCONTI: La mia Babi di Jacopo Marocco (1/3)
L'estate è il tempo migliore per leggere belle cose, eccovi una bella lettura da estate, scritta dal talentuoso Jacopo Marocco, di cui ho già pubblicato due racconti (BATMAN E CATWOMAN e L'ALIENO).
Inquietante e stupefacente per la scrittura così cruda e candida insieme, Marocco ci ha fatto omaggio di questo lungo racconto, che verrà diviso in tre parti, proprio come si fà d'estate negli inserti dei quotidiani.
Buona Lettura..
LA MIA BABI (Parte1)
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale
Inquietante e stupefacente per la scrittura così cruda e candida insieme, Marocco ci ha fatto omaggio di questo lungo racconto, che verrà diviso in tre parti, proprio come si fà d'estate negli inserti dei quotidiani.
Buona Lettura..
Come d’uso lascio i link per il suo sito e il suo profilo twitter:
Blog: Jacopo marocco
Twitter: Jacopo Marocco
La MarchesaLA MIA BABI (Parte1)
Il Cinese dice che sarà un colpo facile. Io gli credo, mi fido di lui, anche se di un tossico non ci si dovrebbe mai fidare.
Non abbiamo un centesimo in tasca e questo è un problema, un grosso problema quando devi farti. Ecco perché stiamo a bordo della Fiat Uno del Cinese, diretti verso il paese di sua nonna.
Il Cinese, che in realtà si chiama Giulio Valsecchi e che viene chiamato “Il Cinese” perché ha, non si sa come, tratti somatici dannatamente orientali, non fa che ripetermi di quanto sarà facile ‘sta cosa che stiamo per fare.
Dice:
“Allora caro Yankee, andiamo, la ripuliamo e torniamo, poi tempo un’oretta e già saremo fatti come cachi”.
Fatti come cachi, il Cinese adora questa espressione, mentre io la odio, sarà perché odio i cachi, o più in generale queste espressioni del tipo “fuori come un lampione”, “come un terrazzo”, ecc. ecc. Le trovo da adolescenti alla prima sbornia, e noi l’adolescenza l’abbiamo passata da un po’ e anche le prime sbornie.
“Te l’ho detto,” continua lui, “’sta vecchia abita da sola e in una casa isolata sopra il paese di mia nonna, non ha marito, non ha cani, parenti o badanti a rompere le palle, vedrai sarà facilissimo ripulirla”.
Io mi auguro che sia davvero così, perché so quanto il Cinese spesso la faccia facile. Una volta andammo in vacanza in campeggio in un cazzo di posto in Toscana, mi disse di non portarmi il fumo che lì, disse lui, ne avremmo trovato a quintali: in tutta la vacanza riuscimmo a fumarci una canna, e solo grazie a due polacchi che stavano girando con l’Interrail.
“Chiama la Strega”, mi fa il Cinese, “e digli di metterci da parte due belle porzioncine di Gnuna”.
La Strega è un magrebino di Perugia da cui ci riforniamo ultimamente e la Gnuna, beh, la Gnuna è Lei, nostra amatissima Signora delle vene. Brown sugar. L’eroina insomma.
Al Cinese dico:
“La Strega non lo chiamo, aspettiamo cazzo, vediamo come va poi chiamiamo”.
Lui mi guarda, mi dà una pacca sulle spalle e mi fa:
“Ottimismo Yankee, ottimismo, ci vuole ottimismo!”.
“Guarda la strada”, gli faccio io. Allora lui rallenta, quasi a fermarsi, mi guarda serio e dice:
“Cazzo tu che sei un fan dell’America dovresti averla nel cuore questa cosa dell’essere ottimista”.
Vorrei rispondergli che sapere di andare a fare una rapina non mi fa essere tanto ottimista e che non c’entra niente il fatto che io sono molto appassionato della cultura americana tanto da beccarmi l’appellativo di Yankee. Non è perché adoro gli Stati Uniti, pur non essendoci mai stato, che devo essere ottimista a tutti i costi. Gli americani poi si affidano a Dio, credono che la loro nazione sia sotto la Sua ala protettiva, ed è ovvio che sono ottimisti. Io come faccio ad esserlo se mi affido ad uno come il Cinese?
Non dico niente, non rispondo, resto in silenzio, lo guardo e nella penombra dell’auto, la sua pelle mi pare davvero gialla, forse sta realmente diventando cinese, o forse è colpa di quel vizio che abbiamo in comune che ha a che fare con della roba che ci spariamo nelle vene. Non lo so.
“Guarda come ci siamo ridotti”, faccio io dopo un po’.
Il Cinese ha ripreso ad andare con la macchina e dice solo:
“E’ l’unica alternativa, lo sai”.
Sì, lo so. I soldi li abbiamo finiti entrambi. Lui s’è finito tutta la liquidazione che gli avevano dato dopo che lo avevano cacciato dalla concessionaria dove lavorava per averlo trovato a farsi nel bagno. Io invece ho prosciugato i soldi della borsa di studio che l’Agenzia per il Diritto allo Studio concede agli universitari che, come me, non raggiungono un certo reddito familiare.
Entrambi a casa abbiamo ripulito il ripulibile. I nostri genitori hanno nascosto in tempo il loro oro – ma il nostro, quello accumulato negli anni grazie a cazzate tipo Battesimo, Comunione e Cresima non sono riusciti a togliercelo. Il resto, televisioni, lavatrici, videoregistratori e cose simili, è roba talmente vecchia che non trovi a dar via nemmeno a regalo.
Insomma, soldi non ne abbiamo, un lavoro nemmeno, ma dobbiamo farci. E ci servono soldi. E le cose sono due: o li rubiamo questi soldi, oppure… Oppure facciamo come tanti altri che prendono e vanno dal Vicedirettore.
Il Vicedirettore è un grasso pensionato che paga disperati in cerca di due soldi per farsi. Li paga per farsi spompinare e non solo. E’ chiamato Vicedirettore perché per anni è stato davvero vicedirettore di una delle più importanti banche della città. Ora il grassone ha creato questo business coi disperati dell’eroina, perché conosce altri schifosi come lui a cui smista tossici disposti a tutto pur di trovare qualche euro per bucarsi, prendendoci la sua percentuale. Se sei spiantato e vuoi farti, cerca il Vicedirettore e dopo aver fatto quello che devi fare avrai i tuoi quattro soldi per schizzarti dentro qualcosa.
A noi però di andare a fare pompini a questi schifosi non ci va e nemmeno di prenderlo nel culo. Col cazzo!
Quindi ecco perché abbiamo scelto la prima alternativa, quella di rubarli i soldi, ma siccome io e il Cinese non siamo Lupin e Jigen, ma siamo ladri alle prime armi, eccoci a fare questo colpo che, a detta del Cinese, sarà facile, anzi, FA-CI-LI-SSI-MO!, come ha detto lui scandendo bene prima di salire in macchina.
La vecchia ha una bella casa. Non è una villa, ma è comunque una bella casa. E’ isolata dal paese, sarà a circa cinque chilometri dalle ultime case che abbiamo incontrato. A destra e sinistra della strada che porta qui, per poi proseguire non so dove, ci sono solo boschi.
Abbiamo lasciato la macchina in una stradina sterrata che entra in una macchia di pini, a pochi metri da qua. Io mi sono portato dietro uno zaino con dentro due maschere, una corda e anche l’ultima delle sei doppio malto prese alla LIDL.
Siamo fermi davanti al cancello, a guardare la casa. A far luce qua davanti c’è solo un lampione.
Mentre apro la birra, per sicurezza chiedo di nuovo:
“Cine’, insomma sicuro che questa abita da sola, eh?”
“Ancora? Sì, te l’ho già detto cento volte. Nonna la conosce bene. Da piccolo ci sono venuto pure un paio di volte a casa sua. So tutto di lei e sì, per la centounesima volta: la vecchia è sola!”.
“Ma se ti riconosce?”
“Ma come fa? A parte che abbiamo le maschere, ma poi m’ha visto che c’avrò avuto dieci anni, cazzo so’ cambiato da allora…”
E in effetti è vero: io lo conosco da parecchio il Cinese e i suoi tratti somatici, pur rimanendo fortemente asiatici, sono cambiati. Pensandoci, sono cambiati in maniera direttamente proporzionale al crescere della sua dipendenza dall’eroina. Infatti credo che rispetto a quando aveva dieci anni, ora abbia qualche dente in meno e molte rughe in più, oltre ad essere nettamente più, come dire, giallo.
Quindi sì, probabilmente la vecchia non sarebbe in grado di riconoscerlo.
“Parlami ancora di lei…”, gli chiedo mentre gli passo la birra.
“Ma sai già tutto!”
“Sì, ma tu dimmelo di nuovo, mi fa stare tranquillo”
Il Cinese sbuffa, fa una lunga sorsata di birra calda e poi dice:
“Allora: c’ha due figlie. La più grande si chiama Sonia, fa l’avvocato, c’ha una 45ina d’anni, abita in centro storico e viene a trovare la madre la Domenica o quando può, tra l’altro è pure una bella fica, l’ho vista su Facebook, è una mezza Milf, le ho mandato la richiesta d’amicizia, chissà se me l’accetta… Vabbè poi c’è l’altra figlia, ma quella non l’ho mai vista e non ricordo sinceramente come si chiama, so solo che è una fissata della palestra, insomma una body builder o qualcosa del genere. So che ha fatto gare di body building in giro per tutto il mondo. Da quello che mi ricordo dovrebbe essersi stabilita da qualche parte in America, e non torna a casa da anni ormai.
Il marito della vecchia invece è morto tipo cinque anni fa.
Non ha cani, non ha badanti o altre rotture di cazzo varie. Inoltre, ancora riesce a portare la macchina, quindi per fare la spesa o altre commissioni è autonoma.
E ti ripeto anche questo: ‘sta qua è una vecchio stile, fidati. Questa, caro Yankee, non ce li tiene i soldi in banca. Li tiene in casa, mi ci gioco un coglione che è così, basta cercare un po’ ed è fatta. Dai è perfetta Yankee!”
“Ma non è possibile che le cose siano cambiate? Voglio dire: e se questa ultimamente s’è fatta un pastore tedesco? Noi come facciamo a saperlo?”, cerco di ribattere io, al solo scopo di farmi rassicurare.
“Ah Yankee, sono stato da nonna pure ieri pomeriggio che mi doveva dare delle zucchine per mamma, e facendo finta che me ne fregasse qualcosa, le ho chiesto come stavano le sue amiche del paese. Un po’ le conosco così le ho buttato là qualche nome, tra cui quello di questa qua, del tipo: Come sta Cecilia? E lì mi sono soffermato, senza farmi sgamare, a chiedere come facesse a vivere quassù da sola e bla bla bla. A nonna piace chiacchierare, così m’ha detto tutto, di nuovo.
E’ come ti ho detto, fidati, non è cambiato nulla. E poi ottimismo Yankee, ottimismo. Non te lo far ripetere!”
Annuisco poco convinto. Boh, sarà così come dice lui, mi sforzo di credere.
Mi guardo intorno, mentre il Cinese mi passa di nuovo la birra. Non mi piace questo posto, è davvero troppo isolato. Penso che qui io non ci abiterei nemmeno se mi pagassero. E se vengono a rapinarti?, mi chiedo.
Finita la birra, indossiamo le maschere – io quella di Scream, e il mio compare quella di Bossi, che erano in offerta al Maury’s –, e scavalchiamo facilmente il cancello.
Anche se il Cinese m’ha assicurato che la vecchia non ha cani, provo un brivido quando, passato al di là dell’inferriata, sto per posare il piede a terra. Mi aspetto che il mio polpaccio venga azzannato da un momento all’altro, ma in realtà non succede nulla. Sembra davvero che non ci siano cani. Tutto sembra tranquillo. Forse il Cinese ha ragione, forse ha davvero fatto bene i conti.
Ci dirigiamo verso la porta d’ingresso.
La casa ha due piani. Dalle persiane di una finestra a piano terra filtra della luce. La vecchia deve essere sveglia, d’altronde non è neanche mezzanotte, probabilmente si sta rimbambendo con qualche programma della De Filippi, o con qualcosa tipo quel programma con presunti vip che ballano con ballerini professionisti con cui puntualmente si mettono insieme.
Il Cinese, con indosso la faccia di Bossi, mi chiede se sono pronto, ma in realtà non sono pronto, non lo sono perché ancora non ho realizzato che sto per fare una rapina, la mia prima rapina, e che questo significa, alla fine, che sono un ladro di merda, ma annuisco ugualmente, e così lui prende e suona il campanello.
Non so perché, ma mi aspettavo che il Cinese avesse provato ad aprire la porta come sui film, infilzando dei ferretti nel buco della serratura, ma era solo un pensiero a forma di clichè, il Cinese non è mica un ladro professionista.
Nessuno viene ad aprire la porta, così il mio “socio” suona di nuovo.
Ora che siamo qui mi rendo conto che abbiamo dato per scontato che la vecchia ci aprisse la porta senza problemi, senza considerare che magari potrebbe dormire in una stato simile al coma o che, insospettita, non apra e chiami la Polizia, e questo la dice lunga sul nostro livello di professionalità nel settore.
Invece i nostri piani si rivelano corretti perché sentiamo da dietro la porta una vocina dire:
“Chi è?”
Il Cinese prontamente risponde:
“Siamo i Vigili del Fuoco signora, ci dispiace disturbarla a quest’ora, ma c’è un incendio nel bosco dietro casa sua ed è bene che lei venga con noi”.
Sentendo la chiave girare, penso che da queste parti, in queste zone di campagna, ancora c’è una fiducia nel prossimo che nelle città forse non è mai esistita. Probabilmente qui di giorno si lascia la chiave sull’uscio.
Non appena la serratura fa l’ultimo scatto e la porta d’ingresso inizia ad aprirsi, il Cinese gli da un calcio, prendendo in pieno la vecchia e facendola cadere indietro.
Guardo il Cinese e gli chiedo cosa cazzo ha fatto.
“Quello che ho appena fatto”, mi risponde. E mi chiede di aiutarlo a mettere la vecchia a sedere da qualche parte.
“Ma non dovevamo entrare e poi immobilizzarla senza farle del male?”, chiedo incazzato.
“Un po’ di azione Yankee, un po’ di azione!”
La vecchia è a terra, ansimante.
“Azione un cazzo, e se ci muore?”
“Ma come pensavi di immobilizzarla, con l’ipnosi? Va bene che è vecchia, ma non penso che si sarebbe fatta legare tanto facilmente. Ora aiutami a sistemarla”.
In effetti non ha tutti i torti. Come potevo pretendere qualcosa di diverso. Abbiamo organizzato tutto in così poco tempo poi. Anzi, a dire il vero non abbiamo organizzato quasi nulla.
Il Cinese indica con la testa una poltrona davanti ad una tv accesa in quello che sembra un soggiorno e mi fa: “Mettiamola lì”.
(Continua Mercoledì prossimo...)
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