RACCONTI: Eva
Sua madre veniva pestata, lei veniva pestata. Un continuum generazionale, un filo che aveva dato l’imprinting della sua vita, al di là dell’intelligenza che lei possedeva e che le faceva assumere il ruolo di moglie trattata male.
In realtà, Eva aveva dato prova da bambina di avere uno spirito combattivo e anche vendicativo piuttosto sviluppato, un senso della giustizia molto personale. Un giorno, un gruppo di compagni, lungo i corridoi a scuola, iniziarono a schernirla e le rubarono zaino, colazione e soprattutto l’album di disegni a carboncino, che lei tanto amava, che venne strappato e distribuito per la scuola, a mostrare i disegni astratti, per loro incomprensibili e ovviamente motivo di grande scherno: “se mi metto a cagare su un foglio più o meno il risultato è lo stesso”, aveva detto il capobranco. Un’umiliazione. Eva, non disse niente. Essendo una bambina molto intelligente e molto portata per l’informatica imparò a violare la rete scolastica come i suoi compagni imparavano a guardare i porno sul web e ad accedere alle schede degli studenti, alla ricerca di informazioni. All'età di 9 anni aveva capito l’importanza delle informazioni. Capiva istintivamente che le informazioni sono potere. Scoprì che il capobranco era allergico alle noccioline, potevano essergli fatali. Il resto fu semplice. Farcire il suo abituale panino al prosciutto con burro di noccioline, facendo in modo di passare in corridoio, durante l’intervallo, col panino ben in vista, in attesa che accadesse quello che era accaduto già molte volte..
La spinta arrivò puntuale, lei cadde, tenendo la mano sollevata per non far cadere il panino, che il capobranco afferrò velocissimamente, iniziando a mangiarlo e a deriderla nel contempo. Ma durò poco, inizio a sputare appena si accorse del sapore, iniziando a gonfiarsi e a non respirare più bene, quando era steso a terra e mentre qualcuno chiamava l’infermeria, lei si inginocchiò e sussurrò all'orecchio di lui “La prossima volta, ricordati che ti uccido!”
Funzionò. Non fu più disturbata, la famiglia del teppista, protestò con la scuola, ma nessuna poteva incolparla di aver portato a scuola il suo panino, con l’intento di mangiarselo.
La madre si domandò come mai sua figlia le avesse improvvisamente chiesto di prenderle del burro di noccioline, un’abitudine tutta americana, per mangiarlo poi una sola volta.
Ma crescendo, aveva perso la spinta vitale, aveva smesso di difendersi ed era diventata una donna apparentemente insignificante, che nessuno notava mai. Un invisibile, che permetteva al marito di umiliarla e di danneggiarla, qualcosa dentro di lei giaceva come morto, tranne quando dipingeva, attività che lei viveva come se tradisse il marito, ed in effetti era proprio così, tradiva tutto ciò che lui rappresentava e affermava la sua persona in un modo discreto.
Un giorno il marito rientrò dal lavoro molto in anticipo e la beccò mentre dipingeva, assorta e silenziosa, presa dal piacere di colori e pennelli e gesso e crete. Lei faceva questa pittura materica, fisica, coloratissima e molto elegante, molto intensa, un’intensità che era dentro di lei ed esplodeva solo attraverso i suoi dipinti. Lui non aveva mai visto la moglie così presa, così bella, come se la vedesse per la prima volta, bella e intensa e reagì come se l’avesse sorpresa con un amante.
“E’ questo che fai durante il giorno? Cosa è sta puttanata? Dovresti occuparti della casa, non ti ho tenuto a casa perché tu non faccia un cazzo! Dovresti preparare la cena!”
“La cena è pronta nel forno, ora dedico del tempo a me, tu sei rientrato in anticipo. Questa non è una puttanata, è pittura, la mia pittura non chiamarla puttanata!” Aveva una voce asciutta.
“Ehhhh?! Cosa hai detto?!”
Il ceffone arrivò forte, la fece volare sulla tela, sui colori, il quadro si ruppe, i colori le imbrattarono il viso..
Le botte furono tante, i quadri distrutti, tutti, lei non proferì parola e questo fece infuriare ancora di più il marito. Fu un momento molto duro..
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“Denuncialo! Adesso basta, Eva… non puoi continuare così!”
“Marta, ti prego, non infierire…”
“Devi separarti, denunciarlo, quel bastardo deve finire dentro, guarda come ti ha conciato!”
“Sai la cosa che fa più male?”
“Cosa?”
“I quadri, ha distrutto i miei lavori, in particolare l’ultimo, si intitolava “Regola per sopravvivere!”, ironia del destino! Mi piaceva tanto, forse la cosa migliore che abbia mai fatto!”
“Quello che sia, ma devi fare qualcosa, io ti conosco bene sei una donna intelligente, perché ti fai trattare in questo modo?”
“Non so.. e sai quale è il peggio? Qualunque soluzione legale prevede tempo, avvocati, soldi, GUERRA! Io non so se sono pronta.. ma qualcosa devo fare! ”
Nonostante l’occhio pesto e la guancia tumefatta, il viso di Eva diventò bello e duro, il viso fiero della bambina che era stata! Qualcosa era cambiato, sotto i colpi del pestaggio, soprattutto la distruzione dei quadri, il pestaggio alla sua anima, quello che faceva più male.
Ma Eva era una persona particolare e decise che non poteva affidarsi ai tribunali, serviva qualcosa di più efficace e risolutivo!
Così comincio la fase, ricerca delle informazioni, ricerca del punto debole del marito. Così come anni prima, Eva provò una sensazione di forza, di giustezza, di libertà. Agire, la faceva sentire bene, e il suo cervello risvegliato, adesso funzionava come un treno.
Abbandonando temporaneamente la pittura, anche perché il marito le aveva buttato pennelli, colori e cavalletto, iniziò a studiare cucina. Il piano era semplice, suo marito aveva 50 anni, fumava due pacchetti di sigarette al giorno, presumibilmente andava a puttane, visto che erano almeno 5 anni che non avevano rapporti intimi, e mangiava un sacco di schifezze, nonostante il medico gli avesse raccomandato uno stile di vita più sano, che il rischio infarto era dietro l’angolo, che era sovrappeso. Lei aveva tentato di preparargli cibi sani, verdure, niente grassi, ma il marito si incazzava e quando si incazzava menava.
Quindi era semplice, ucciderlo col cibo, nessuno avrebbe potuto accusarla di alcunché.
Così iniziò a preparargli cene sontuose, burro, strutto e fritto erano le sue armi principali, il marito da bestia che era, si dimostrò molto contento.
Ogni pasto era composto da antipasto, primo, secondo, dolce, caffè, ammazzacaffè e carne tanta carne, e vino a fiumi e superalcolici dopo e prima di cena e dolci, pieni di panna e zucchero e uova. Serviva il marito come se fosse stato un’oca da fois gras e lui felice e ormai assuefatto alla cucina mostruosa della moglie, ingrassava a vista d’occhio, sempre più affannato.
“Cara vedi che quando vuoi… da quando ti ho buttato quelle inutili tele, in cucina sei diventata un mostro, brava… questo cappone è semplicemente un orgasmo.. brava!”
Dovette dar prova di tutta la sua pazienza e tutto il suo ingegno, ogni tanto gli faceva trovare una cena sana, a base di verdure e condimenti a crudo e lui ovviamente si incazzava e alle (finte) preoccupazioni per la sua salute, il marito rispondeva “Tutte cagate, la panza fa l’uomo di sostanza e il medico può andare a cagare”. Era necessario fingere di essere preoccupati per la sua salute, anche con le amiche, anche con i vicini, i quali ormai avevano interiorizzato che il marito la obbligasse (a suon di botte) a cucinare così.
Il vantaggio di questa situazione si evidenziò subito dopo i primi otto mesi, il marito non riusciva più a pestarla, neanche quando rientrava ubriaco, era sufficiente che lei si tenesse a distanza o meglio ancora al piano superiore, facendo due rampe di scale. Il marito ormai veleggiava verso i 130 Kg e non riusciva più a correre, tanto meno a fare le scale velocemente, il fiato era sempre più corto. Così rimaneva al piano di sotto, in salone, smadonnando, dandole della puttana e addormentandosi sul divano, davanti alla tv accesa.
Qualche volta riusciva a darle degli schiaffoni a letto o a tavola, ma non c’era paragone col passato.
Lui ormai era totalmente assuefatto alla saporita, ma velenosa cucina della moglie, come un tossico con la sua sostanza stupefacente, non poteva più farne ameno. Questo diede a Eva una sensazione di potere che non avrebbe mai pensato di poter provare.
E poi arrivò il momento, dopo quasi due anni, di pazienza, di scientifica preparazione di menù micidiali, arrivò il momento, che tanto aveva atteso e a dirla tutta se lo godette in pieno.
“Caro cosa ne pensi delle mie lasagne?”
“Mmmm.. fdelisciose, ottime..”
Il marito aveva un pallore strano, non che avesse mai avuto un bel colorito, ma era peggio del solito, il respiro era strano, Eva iniziò a sperare che fosse giunto il momento.
“Ahhh!”
Il rumore della forchetta che sbatteva sul piatto fu per Eva come il suono melodioso di un coro di angeli.
“Caro non ti senti bene?”
“Il dolore… al mpff petto, mi …. Fa male il braccio!”
“Credo che tu stia avendo un infarto tesoro.”
“Chia.. ma l’ambulanza!”
“Non credo!”
“C.. o.. me? Ch.. iama .. l’ambulanza!”
“No! .. “
“P.. utt.. anaa!!”
“Sono stanca di essere picchiata e umiliata, devi morire!”
“Per.. chè mi hai s… po.. sato?”
“Perché ero una cretina!”
Il marito fece un ruzzolone dalla sedia e restò immobile. Fu come se un peso insopportabile svanisse dalle sue spalle, provò un senso di leggerezza e di liberazione totali. Trascinò con una fatica enorme il corpo del marito vicino alla poltrona, lo fece rotolare sul tappeto e trascinò il tappeto fino alla poltrona. Sfilò il tappeto e dispose il corpo come se fosse caduto dalla poltrona, riposizionò il tappeto all’ingresso, e come ultima nota di realismo rovesciò un bicchiere di vino vicino al corpo del marito.
Poi sparecchio la tavola, ripulì la cucina, rimise il centrotavola di fiori al suo posto, accese il televisore sul canale sportivo e buttò il telecomando vicino al corpo del marito.
Poi andò a dormire, e dormi come non aveva mai fatto negli ultimi 10 anni.
Il mattino scese in salone, guardò il marito, sorrise poi cacciò un urlo e chiamo il 118 e dando prova di doti recitative notevoli, gridò e pianse al telefono. I medici certificarono che l’uomo era morto di infarto, durante la notte.
Il funerale fu uno strazio, avrebbe voluto saltare e ballare di gioia sulla tomba del marito, ma dovette assumere un tono triste ma dignitoso, da vittima quale appariva a parenti e vicini, che bisbigliavano durante il corteo funebre, quanto il marito la pestasse povera donna e adesso senza un lavoro come avrebbe fatto.
Era tutto perfetto.
In realtà il marito, costruttore edile, le aveva lasciato un discreto gruzzolo e tre case di proprietà. Decise di tenersi quella al mare, vendere quella dove aveva abitato col marito e trasferirsi al mare. Con la rendita della casa che il marito aveva dato in affitto, lei poteva dirsi tranquilla. Non aveva grandi esigenze, le bastavano davvero pochi soldi e la possibilità di poter dipingere. Era diventata una donna diversa, non c’è di meglio che vivere in un inferno per anni e poi uscirne potendo fare ciò che piace. La vita te la puoi davvero godere, allora.
Si fece nuovi amici al mare, in particolare Carla, la vicina di casa, che ironia della sorte, veniva pestata dal marito. Quando il livello di confidenza tra loro si fu alzato e l’amicizia consolidata, Carla imparò a confidare tutto all’amica.
Suonò il campanello, e dal suono Eva capì chi era, e cosa era successo per l’ennesima volta, all’apertura della porta, però capì che era più grave del solito.
“Cazzo.. come ti ha conciato Carla!”
L’amica scoppiò in lacrime, “Credevo che mi avrebbe ucciso!”
“Dimmi cara… tuo marito ama la buona cucina?”
“Mmmm si… ma cosa c’entra adesso?”
“Credo di avere la soluzione che fa per te, amica mia.. entra che ti spiego tutto.."
La Marchesa

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