RACCONTI: Regolamento di conti nella malavita locale
Prima ci fu il rumore della sirena della polizia, poi quello dell’ambulanza, davanti a casa sua. Emma usci in strada, erano le 3 del pomeriggio, un capannello di vicini vociava spaventato e indignato, doveva essere successo qualcosa di grave. La villetta di fronte era quella della sua amica Olga, vedova come lei, una grande amica, sostegno contro la solitudine della vedovanza e dell’età avanzata.
“Ha visto signora Emma, cosa hanno fatto alla Olga?”
“Cosa è successo?”
“Una rapina, due balordi sono entrati in casa, fingendosi tecnici del gas, l’hanno sbattuta a terra e l’hanno pestata, l’hanno conciata male, hanno rubato gli ori, i pochi gioielli e trecento euro che teneva in casa!”
Una morsa le strinse lo stomaco. “Come sta?”
“E’ cosciente, ma ha una gamba fratturata, il braccio idem, ha un occhio nero, una botta in testa, dice che le hanno dato anche un calcio sulla testa, quando era per terra.. poi è svenuta!”
A parlare era la sua altra vicina Luisa, una giovane donna con due figli, che era entrata dalla Olga per chiedere del lievito per torte e aveva trovato la casa semidistrutta e la donna stesa a terra all’ingresso.
“E’ una vergogna, mai che si veda una macchina della polizia, dove siete quando c’è bisogno di voi?”
Una voce femminile, stridula, alterata, indignata, rabbiosa, condita da un vociare di approvazione.
Era il terzo furto in paese, in quel mese di Agosto che sembrava Settembre e la polizia era del tutto impotente.
“Signò.. non ci danno fondi, abbiamo due volanti per controllare tutto il comune, come facciamo?!”
“Eh certo, comprano gli f35, miliardi di Euro e tagliano i fondi alla polizia.. è una vergogna!”
Arrivarono anche i giornalisti e cominciarono a fare domande alla gente, Emma rientrò in casa subito e non rispose all’insistenza del campanello, odiava i giornalisti perché raccontavano sempre un sacco di balle. Stava male. Sarebbe andata a trovare la sua amica il giorno successivo, per ora erano sufficienti le cure del figlio, che chiamato al lavoro d’urgenza era venuto di corsa per assistere la madre e parlare con la polizia.
Emma non riusciva a riprendersi, una stretta di paura le avvolgeva lo stomaco. Si sentiva esposta, indifesa, sentiva la fragilità della sua età, del genere femminile e soprattutto sapeva che prima o poi sarebbe toccato a lei, i ladri sceglievano ville abbastanza isolate, abitate da persone anziane e sole, le prime due le avevano trovate vuote, per fortuna dei proprietari, con Olga era andata diversamente. Ciò che non comprendeva era la violenza gratuita, una donna di 70 anni era sufficiente immobilizzarla, legarla, perché pestarla così?
Si rifiutò di guardare i telegiornali, prese le notizie dalla vicina giovane, pare che i due fossero dell’est europa, ma Olga non riusciva a ricordare bene le loro facce, avrebbero sicuramente detto “choc post traumatico”.
Provò a chiamare la stazione di polizia locale, suggerendo che dovevano controllare le case delle persone sole, tra cui la sua, ma un supponente e antipaticissimo poliziotto le rispose: “Non vorrà mica venirci a insegnare il nostro lavoro?”
Lasciò perdere. La notte non riusciva a dormire e nonostante il sistema di allarme che il marito aveva fatto installare e che era costato più di 4000 euro, non si sentiva affatto tranquilla.
Avrebbe voluto indossare il distacco che le era stato tanto utile nella sua professione di infermiera, ma li era lavoro, qui riguardava lei, la sua migliore amica e poi l’età e la morte del marito l’avevano infragilita un po’, anzi più di un po’. Odiava quella sensazione, ed odiava la paura, lei che era sempre stata una donna forte e determinata, che in ospedale aveva fatto fronte a situazioni incredibili, diventando un punto di riferimento per colleghi e medici. Ma la cosa che odiava di più e comprendeva di meno era la violenza gratuita e oltre alla paura le montava dentro una rabbia abissale.
“Come va cara?”
“Emma.. Emma, sono contenta che sei qui.. come vuoi che vada, mi hanno dato una ripassata..”
“Non so cosa dire..”
“Non dire niente cara, l’importante è che sei qui e che sono viva.. sai ho creduto di morire.. quando mi hanno preso a calci, il dolore era insopportabile, non capivo più niente, ho pensato -Olga è giunta la tua ora- poi sono svenuta.. e mi è andata bene.. “
“300 euro.. che Dio li maledica, hanno fatto tutto questo per 300 euro e un po’ d’oro, SE POTESSI LI AMMAZZEREI CON LE MIE MANI!”
“Che Don Pasquale mi perdoni, ma se potessi lo farei anche io e nel modo più doloroso possibile, ma smettiamo di fantasticare, cara desidererei tanto un caffè espresso dal bar dell’ospedale, lungo e cremoso, saresti così gentile?”
La visita alla sua amica, la lasciò sollevata, era viva, stava bene, non aveva subito ferite gravi e data l’età era stata una grande fortuna, ma la pervadeva una rabbia che scivolava come il corpo sinuoso di un serpente, verso la depressione. Come sempre questo significava andare a casa e mettersi a curare le piante del suo giardino, ma non bastava, rimaneva questo tarlo, che dava l’insonnia, che le rendeva il respiro affannoso.
Aveva paura.
Passò del tempo e Olga tornò a casa, accudita dal figlio e dalla nuora, lei andava a trovarla quasi tutti i giorni, subito dopo pranzo, portava uno dei suoi meravigliosi dolci e chiacchieravano fino alle 4, poi tornava a casa, attivava gli allarmi, chiudeva tutto, svolgeva le faccende di rito cenava, leggeva o guardava un po’ di tv e poi restava in attesa del sonno che non arrivava, non osando prendere nemmeno un sonnifero.. e se fossero arrivati i ladri? Non poteva continuare così.
Qualche giorno dopo, era quasi ora di pranzo, sistemava l’armadio della stanza degli ospiti, aveva la finestra aperta, ma con le tende tirate, si riusciva a vedere fuori, ma senza essere visti, purché all’interno non ci fosse una luce artificiale e fu allora, mentre aveva in mano una pila di asciugamani freschi di bucato che vide l’auto. Era male in arnese, piena di botte e di ruggine di un colore grigio sbiadito dal sole e vide perfettamente la faccia del guidatore, gli occhi cattivi, l’arroganza, vide che guardavano casa sua. Gli asciugamani caddero con un suono lieve e ovattato, corse a telefonare alla polizia. Questa volta trovò un ragazzo gentile che chiese se aveva visto la targa, lei corse col telefono in mano alla finestra, ma l’auto se ne era andata. Il poliziotto gli promise dei controlli nei prossimi giorni, ma senza targa non potevano fare di più, lei descrisse l’auto, il guidatore, poi sospirando posò il telefono. Non poteva contare più di tanto sulla polizia, quindi DOVEVA FARE QUALCOSA! E presto!
“Pensa Emma… PENSA!” si disse.
Le tornò in mente quando ci fu il mega incidente sulla tangenziale Ovest, al pronto soccorso arrivarono decine di feriti e fu il caos, lei prese in mano la situazione con tale piglio, che persino i medici prendevano ordini da lei. Un pronto soccorso salvato da una capo infermiera. Si guadagnò la stima di tutti e l’invidia di qualcuno, che non la salvarono però dal prepensionamento forzato, quando iniziarono i tagli selvaggi al budget sanitario della regione.
“Tira fuori quella Emma li..” si disse. L’idea le venne all’ora di cena e corse all’armadietto dei medicinali dove ancora aveva quelli per la terapia del dolore del marito, morto solo un anno prima di una grave forma di tumore ai polmoni. Ne aveva una quantità, morfina, antidolorifici, sonniferi, quelli potenti, quelli che si trovano solo negli ospedali per patologie gravi, non sapeva nemmeno lei perché li avesse conservati. Ma ora le sarebbero venuti utili e lei era un’infermiera e un’ottima cuoca. Oramai era solo una questione di tempi. La tempistica era la chiave per la riuscita del suo piano.
Passò la sera a cucinare, torta salata zucchine e gamberetti, torta di mele alta come il palmo di una mano, patè di fegatini alla toscana e birra.. gli uomini dell’est amano la birra. Fu complicato drogare la birra, dovette stapparla e ritapparla con la macchinetta che il marito usava per chiudere le bottiglie quando faceva la salsa di pomodoro. Apparecchiò il tavolo della cucina, mise tutti i cibi in frigo protetti perfettamente con la domopak e andò a dormire. Dormì bene. Sperava che tutto accadesse entro qualche giorno, altrimenti il cibo sarebbe andato a male, ma aveva visto l’auto la mattina ed era certa che tra domani o al massimo dopo, tutto sarebbe accaduto.
Al mattino presto si recò in banca a prelevare ben 3.000 euro e le fecero un sacco di storie, finché non parlo col direttore.
“Signora se deve fare un pagamento importante lo possiamo fare noi senza che debba girare con tutti qui soldi e con quello che succede in paese mi sembra la cosa migliore, non crede?”
“Direttore, sono io a determinare cosa è meglio per me, mi dia quei soldi, oppure preferisce che chiuda il conto e ritiri gli investimenti che ho con voi?”
Mezz’ora dopo usciva dalla banca coi soldi nella borsetta. Alle 9 e 30 era già a casa, si lavò, pettinò e vesti con cura, qualsiasi fosse la situazione lei era sempre una signora. Preparò tutto, accese il forno e poi si sedette in attesa.
Alle 11 suonarono il campanello. Fece un salto dalla sedia e con la mente andò ad un mito della sua giovinezza. Avrebbe dovuto essere un’attrice brava come Bette Davis.
“Sii?” Il videocitofono inquadrò i due uomini, vestiti con delle tute da operai, riconobbe l’uomo della macchina.
“Signora siamo i tecnici della Telecom, ci sono dei guasti alle linee telefoniche, vuole controllare se le funziona il telefono?”
“Un momento..” L’accento slavo era appena percettibile, ad un orecchio distratto sarebbe passato inosservato, ma lei non era distratta.
Il telefono non funzionava, i bastardi avevano tagliato i fili, così in pieno giorno, guardo fuori dalla finestra, dietro alle tende, la via era deserta, la vicina coi due bambini era al lavoro, i pargoli al centro estivo, Gloria in casa con la nuora. Era sola, si fece coraggio e tirò fuori la determinazione che al lavoro l’aveva contraddistinta.
“In effetti non funziona.. ma cosa è successo?” Usò il tono ingenuo e un po’ svanito che tutti si aspettano dalle donne anziane. Fu perfetta.
“Con tutti questi temporali si sono danneggiati i cavi, credo che dovremo sostituirli, se ci apre..”
“Caro mi stavo facendo una doccia, le spiace tornare fra una ventina di minuti, così posso rendermi presentabile, anzi sa cosa le dico vi preparo anche un paio di birrette e un piccolo spuntino, che a quest’ora ci vuole proprio!”
“Non è il caso Signora!”
“Si figuri è un piacere, sono sempre così sola! Dai, vi aspetto tra 20 minuti”
“Grazie Signora a dopo!”
Le tremavano le mani, mentre tirava fuori il cibo dal frigo e lo metteva a scaldare in forno, un profumo delizioso si diffuse per tutta la casa.
20 minuti dopo risuonò il campanello. “Sii?”
“I tecnici Signora!”
“Prego.. entrate.” Aprì il cancello, qualche secondo dopo bussarono alla porta.
“Entrate è aperto!” Gridò forte.
I due uomini entrarono guardinghi, vagamente spaesati dal passaggio della luce del sole alla penombra del salone.
“Entrate prego, sono qua in fondo, in cucina, non state a tirare fuori pistole e coltelli, so perfettamente perché siete qui e anche se ho una certa età non ho ancora voglia di morire o di finire all’ospedale, quindi sul tavolo ci sono tutti i contanti che ho in casa, 3.270 euro, tutti i miei gioielli e l’argenteria, venite pure vi ho preparato qualche birretta e uno spuntino. Sono così sola che mi basta anche fare due chiacchiere con dei ladri e state tranquilli non avviserò nemmeno la polizia del vostro furto, basta che mi fate un po’ di compagnia cari, venite e state tranquilli, ho quasi 70 anni, cosa potete mai temere da una vecchia come me. Vedete mio figlio non viene mai a trovarmi.. sono sempre così sola e naturalmente non ho armi”
I due uomini restarono interdetti, si avvicinavano lentamente. Non sapevano che Emma non aveva figli.
“Venite, non abbiate paura, questo sarà il vostro colpo più facile, io perdo 3.000 euro ma resto viva e intera, mi sembra un affare per tutti. Intanto sedetevi su!”
Quello che sembrava il capo, si sedette, la guardò intensamente, pronto a reagire al minimo movimento sbagliato.
“Perché ci rendi le cose così facili.. se è una trappola giuro che ci metto un attimo a farti fuori!”
“Mik e se è d’accordo con la polizia?”
“Si buoni quelli, non hanno nemmeno gli occhi per piangere, figuratevi se possono mettersi a proteggere me, poi avete visto il maresciallo, quello con la panza, quello manco riesce a calcolare due più due.. volete che protegga il territorio? Fidatevi, non avete nulla da temere, ma solo da guadagnare, prego servitevi, intanto vi apro la birra” e stappò le birre drogate.
I malviventi sempre con fare circospetto, iniziarono a bere le birre, intanto mettevano le mazzette di soldi nuovi in una borsa che avevano con loro e così i gioielli, sapevano che il telefono era tagliato, sapevano che a quell’ora di solito a casa di Emma non veniva mai nessuno, inoltre Emma non aveva mai posseduto un cellulare. Mangiavano e bevevano con sguardo cattivo.
Tutto appariva surrealmente tranquillo ed Emma nell’attesa che i sonniferi facessero effetto, iniziò a raccontare di suo Marito.
“Sapete è morto due anni fa, dopo tre anni di chemioterapie che non sono servite a niente, spesso pensavo che i medici non sapessero bene nemmeno loro cosa fare, che andassero per tentativi, ho visto un uomo forte e sano ridursi ad uno straccio, stava così male, quando è morto ho provato sollievo, ma da allora sono sola e mi manca tanto”
La carta della solitudine degli anziani funziona sempre, il fatto poi che Emma in realtà stesse benissimo da sola in quel momento non aveva importanza. Bette Davis, sarebbe stata orgogliosa di lei.
Quello che si chiamava Mik ed era evidentemente il dominante del duo, la guardò intensamente, “non mi piace, è tutto troppo facile, tu non me la conti giusta donna!”
Emma ebbe paura, ma proprio in quel momento l’altro si accasciò improvvisamente sul tavolo, mettendo la faccia nel piatto.
“Hey.. vecchia stronza, lo sapevo che qualcosa non andava, ma adesso…”
Emma schizzo dalla sedia e corse in salone, l’uomo aveva preso un coltello enorme dalla borsa e arrancava verso di lei, ma non fece che pochi passi e poi crollò sul pavimento della cucina. Il coltello cadde sulla ceramica delle piastrelle con un tintinnio che a Emma sembrò un boato spaventoso.
Era fatta.
Corse ad un cassetto della cucina a prendere nastro adesivo americano e corde e iniziò a legare più strettamente che poté i due uomini. I polsi dietro la schiena, prima con la corda poi col nastro, infine legò strettamente le gambe.
Gli mise talmente tanto nastro adesivo che quasi i due sembravano mummie, naturalmente anche sulla bocca, non dovevano urlare, nessuno doveva sentire niente.
Ora arrivava la parte più difficile, trascinare i corpi in cantina. Fece fatica, ma riuscì a trascinarli fino alla porta, poi li fece semplicemente ruzzolare dalle scale, sentì anche un “crac”, probabilmente nella caduta uno dei due si era rotto qualcosa. A lei faceva solo piacere.
Chiuse tutte le porte di casa, abbassò le tapparelle, all’esterno dovevano pensare che lei stesse dormendo o non ci fosse.
In cantina c’erano dei bancali di legno, vi appoggiò sopra i due uomini e li avvolse di metri infiniti di domopak. Al momento del risveglio sarebbe stato impossibile, per loro, fare anche il più piccolo movimento.
La dose di sonnifero che aveva loro somministrato era tale che sarebbero stati incoscienti ancora per delle ore. In effetti, non davano segni di vita e lei risalì in cucina a sistemare il disastro che c’era sul tavolo.
Pulì e sistemo tutto con cura. Sentiva un’esaltazione mista a paura che sfociavano direttamente nella gioia. Era euforica, esaltata, non si era mai sentita così in tutta la sua vita.
Poi portò il suo lavoro a maglia in cantina, si sedette ad attendere, mentre sferruzzava tranquillamente.
Solo verso sera i due uomini cominciarono ad agitarsi e a emettere mugolii dietro al nastro adesivo che gli chiudeva la bocca.
“Bene cari” posò il lavoro a maglia, “fa paura vero? Essere in balia di qualcun altro, essere impotenti. Solo dei bastardi possono pestare una persona anziana, come avete fatto con la mia amica Olga, le avete fatto male e io farò del male a voi!”
Prese una piccola mazza ferrata e con grande fatica, ma sostenuta dall’adrenalina, mollo due, tre, quattro, cinque colpi, ad ognuna delle gambe dei due uomini, sulle ginocchia. I loro occhi erano colmi di terrore, i mugolii diventavano più acuti sotto ad ogni colpo. Quando fu sicura di avergli spappolato le ginocchia, passò alle mani.
“Siete dei rifiuti umani e meritate di morire.. ma prima…”
Questa volta toccò ai genitali e fu qui che i due uomini svennero per il dolore.
Emma, restò ansimante, posò la mazza a terra, non aveva il minimo rimorso, si sentiva potente e il pensiero che le risuonava in testa era “col cazzo che sono una vecchia debole e impaurita!”
In tutto questo non aveva sparso una goccia di sangue, la domopak e il nastro adesivo, avevano attutito i colpi della mazza, ma non impedito la frattura delle ossa. Probabilmente fù anche fortuna, in ogni caso, non una goccia di sangue si vedeva in cantina.
Mancava l’atto finale, salì sopra, prese una siringa la riempì d’aria e la iniettò ai due uomini. Un embolo era un modo originale e pulito di morire.
Tornò in cucina, si preparò una deliziosa cenetta, guardò un po’ di tv, aspettò l’una di notte poi scese in cantina.
I due uomini erano nettamente morti. Tagliò domopak, nastro adesivo e corde, li infilò in un sacco della spazzatura. Quando aveva concepito il piano, il fatto che il garage fosse al piano terra e con una porta comunicasse direttamente con la casa era un elemento fondamentale.
La vera difficoltà, fu riportare su i corpi dalla cantina. Emma era una donna abbastanza in forma per l’età che aveva, due volte a settimana andava a fare ginnastica alla piccola palestra del paese vicino, ma sollevare quei due uomini fu un’impresa titanica. Li trascinò gradino per gradino, ansimando, stringendo i denti, arrivò al piano terra che credette di morire per un infarto, il cuore le scoppiava in petto, ma l’euforia per l’impresa appena compiuta la sosteneva egregiamente.
Poi spogliò gli uomini, che visti così, nudi come vermi, le fecero una certa impressione.
Con altrettanta fatica li caricò nel portabagagli della sua auto, tornò in casa, bevve un bicchiere d’acqua, si infilò una tuta scura, le scarpe da tennis, aprì il garage, saltò in auto e si avviò nel paese deserto, che erano quasi le tre del mattino. Qui pregò tutti gli dei dell’universo, di non incontrare nessuno, forse era vero che la fortuna aiuta gli audaci, anche se assassini, ed effettivamente non incontrò nessuno, tutto era tranquillo.
Qualche chilometro fuori dal paese in una stradina in mezzo ai campi della bassa Milanese che lei conosceva benissimo, essendoci cresciuta, scaricò i due corpi nudi, chiuse il bagagliaio e ripartì. Quell’estate il clima era pazzo, anche quella notte non si smentì, si avvicinava un temporale, all’orizzonte si vedevano i lampi che ne annunciavano la venuta. Gli dei le volevano proprio bene, la pioggia e quell’anno la pioggia erano secchiate d’acqua piuttosto violente, avrebbe cancellato ogni traccia di pneumatico e dai corpi.
Rientrò a casa, con la pioggia scrosciante e tuoni e lampi che parevano voler far cadere il cielo. Le cose non potevano andare meglio.
Il mattino dopo vestita di un delizioso tailleur verde salvia, si recò in banca, ed andò dal direttore, scusandosi per il prelievo irrazionale che aveva fatto, “aveva ragione caro direttore, tenere in casa quella somma, non era una soluzione molto sicura.. ma sa, pensavo di andare in città a rifarmi il guardaroba e non ho pensato che possiedo anche la carta di credito, non la uso mai.. noi donne soprattutto di una certa età..”
Si concesse un pranzo alla pizzeria nella piazza principale, si sedette ai tavolini all’esterno, il tempo era clemente e soleggiato, lei si sentiva euforica, nonché dolorante in ogni muscolo del corpo, ciò che aveva fatto la notte precedente non era proprio un’operazione da quasi 70 enne, ma probabilmente l’adrenalina aveva avuto buon gioco nel farle spostare i cadaveri. Lei Emma Corsini, assassina di due delinquenti, si sentiva come una super eroina dei fumetti americani. Non aveva il minimo senso di colpa, ma solo un grande senso di libertà e giustizia.
La pizzeria aveva la buona abitudine di tenere a disposizione per i clienti, i quotidiani locali e nazionali. Su uno di questi , campeggiava sulla prima pagina “REGOLAMENTO DI CONTI NELLA MALAVITA LOCALE!” L’articolo parlava del ritrovamento dei cadaveri di due slavi, immigrati irregolari, nelle campagne vicine e dato le condizioni dei corpi tutto faceva pensare ad un regolamento di conti all’interno della malavita.
Nessuno e tantomeno quell’inetto del maresciallo l’avrebbero mai collegata a quei cadaveri.
Aveva intenzione di andare, subito dopo pranzo, dalla sua amica Gloria, per spiegarle che il giorno precedente non era potuta andare da lei, perché aveva avuto un terribile mal di testa, le avrebbe portato i pasticcini che aveva acquistato dal migliore nonché unico pasticciere del paese.
Tutto continuava ad essere perfetto.
Aveva usato l’auto per andare in paese, dolorante come era, non se la sentiva di camminare, anche se per soli 10 minuti, da buona cittadina quale era sempre stata, aveva pagato il parchimetro, ma attardandosi un filo nel suo pranzo, arrivò all’auto 5 minuti dopo la scadenza del tagliando del parchimetro.
Trovò un ausiliaria del traffico, grassa ed orrenda, che le stava mettendo una multa.
“Signorina, sono solo 5 minuti di ritardo, la prego!”
“Signora mi spiace, le regole sono regole e poi sono Signora se non le spiace, la prossima volta cerchi di essere puntuale!”
Emma non aveva mai potuto sopportare l’arroganza.
“Ha ragione Signora, brava, lei fa solo il suo dovere, mi piacciono le persone come lei, che ne dice domani di venire a prendere un tè da me, faccio delle torte che sono rinomate in tutto il paese, lei mi piace e sa.. sono sempre così sola…”
“In effetti la fama dei suoi dolci la precede e se c’è da assaggiare un dolce ben fatto io non mi tiro certo indietro”
“Oh vedrà.. le farò una torta di mele col mio ingrediente segreto….”
By LaMarchesa13
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