CONSIGLI CINEMATOGRAFICI (Tardivi): Animali Notturni di Tom Ford

Ogni volta che incontriamo cose interessanti, ne parliamo, facciamo recensioni, insomma condividiamo l’esperienza, sperando che vi piaccia e vi arricchisca quanto lo ha fatto con noi. Le cose belle, vanno condivise, migliorano il mondo,  indipendentemente dal fatto che siano appena uscite, oppure vecchie di mesi o anni, è lo spirito con cui abbiamo creato questo blog, eccovi quindi, qui sotto la recensione di ANIMALI NOTTURNI, uscito nel Novembre 2016.
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Tom Ford è un bell’uomo che fa lo stilista e da qualche anno anche il regista. Ricordo che mi colpì molto, diversi anni fa, alla fine di una sua sfilata, in pieno periodo ipersalutista, soprattutto contro le sigarette, uscire in passerella con bicchiere di whisky in una mano e sigaretta nell’ altra. L’ho trovato geniale in maniera contorta.
Una genialità contorta che poi ho ritrovato anche nel suo cinema.
Ho visto il suo primo film, “A SINGLE MAN”, un piccolo gioiello, intimista e disperato, dedicato al lutto di una persona amata. Mi colpì da subito, l’incredibile eleganza, ma non solo nei vestiti e nel trucco e parrucco, come era ovvio aspettarsi, ma anche nella fotografia, nel montaggio, nei dettagli visivi, nella sceneggiatura. Un film baciato dall’interpretazione di una Julianne Moore in stato di grazia, sia estetico che interpretativo.
Insomma mi è piaciuto e pure tanto, poi è arrivato questo secondo lavoro, “ANIMALI NOTTURNI” e vedendo il promo già sapevo che era un lavoro un filo pesante, quindi l’ho lasciato passare nelle sale riservandomi il piacere di vederlo quando mi sentivo pronto e mi capitava l’occasione. Così qualche sera fa me lo propone Youtube alla modica cifra di 2,99 €. Non mi lascio sfuggire l’occasione e finalmente parte il film e io con esso. Mi perdo.
Preparatevi se ancora non l’avete visto, è un pugno nello stomaco, già la scena iniziale di queste donne obese, nude che danzano al rallenty con stivali cappellino e bandierina americana in mano ti lascia completamente spiazzato, ma ci sono almeno un paio di scene che non vedi l’ora che finiscano, per l’incredibile violenza, che non è tanto visiva, quanto psicologica, ma pesante proprio. Poi queste scene, austere, rigorose, fredde, che fortunatamente fanno da contraltare.
Ha così tanti livelli di lettura che certamente è uno di quei film da rivedere più volte.
Riesce ad unire un’ incredibile violenza ad una suprema eleganza, che rende questa violenza fruibile, in fondo, è lo stesso motivo per cui ho amato film come “Il ladro, il cuoco, sua moglie e l’amante” di Peter Greneeway, che raccontava cose atroci, ma rendendole astratte e talmente costruite visivamente che tu riuscivi a guardarle e leggerle in chiave teatrale e rappresentata, cosa che  non mi è mai riuscita con “Le 120 giornate di Sodoma” di Pasolini, mai arrivato sino alla fine del film. Li la violenza non ha filtri, non ha estetizzazioni, è brutale, sporca, al di sopra delle mie possibilità, infatti è un film che ho capito poco.
Tom Ford riesce in questa impresa con un trucco narrativo meraviglioso, da un lato la vita della protagonista, donna di successo nel campo artistico, in crisi esistenziale e matrimoniale, sposata con un uomo d’affari bello e che evidentemente la tradisce (una Amy Adams bravissima, con delle mise incredibilmente eleganti. Non so come, Tom Ford riesce a tirare fuori dalle sue attrici qualcosa di magico).
La Adams riceve via posta il romanzo del suo primo marito, scrittore, che lei ha lasciato perché troppo incerto e poco di successo.
Il romanzo, che lei comincia a leggere, racconta, appunto di questa famiglia che durante un viaggio viene travolta e distrutta da un’incredibile, quanto insensato episodio di violenza.
Il film continua a passare dal racconto della vita della protagonista, alle vicende del romanzo, con un montaggio perfetto. Quando la scena del romanzo si fa pesantissima, ecco lo stacco sulla Adams che fa cadere il romanzo, turbata, dal divano dove lo sta leggendo e tu tiri il fiato.
Poi ad un certo punto si fa strada il concetto di vendetta, una vendetta che libera e forse nello stesso tempo distrugge, su tutti e due i piani narrativi, il finale è davvero geniale nella sua semplice pulizia.
Il posto di lavoro della Adams è un astratta e perfetta rappresentazione del potere, dove delle donne eleganti fino al disgusto, decidono le sorti di una dipendente, in una sala, bianca fredda, siderale.
La vicenda del romanzo è ambientata in Texas, un Texas anarchico nella sua brutalità, quasi da far west, dove persino il poliziotto, agisce oltre la legge in una sorta di delirio vendicativo, insieme al marito sopravvissuto, mentre un tumore ai polmoni lo sta portando alla tomba e per questo non ha più niente da perdere.
Riesce a farti intendere cosa può essere vivere in uno stato come il Texas, soprattutto se ci si trova ai livelli più bassi della catena sociale. Aiuta a comprendere meglio cosa possa essere l’America nelle sue infinite sfaccettature e contraddizioni.
Ma soprattutto quanto possa essere veramente efficace la vendetta, perché alla fine del film, questo resta un mistero, come forse è nella natura delle vicende umane.
Un film assolutamente contemporaneo, ma con un lieve gusto vintage, che traspare nei dettagli, in certe sfumature, certi colori. Un film spietato, ma dalla fotografia superlativa e chirurgica. Eleganza in ogni dove anche negli spazi più degradati, un montaggio stupendo, una recitazione che leva il fiato, insomma per me è un capolavoro, non vedo l’ora di vedere il suo terzo film, perché questo, oltre a sconvolgermi mi ha totalmente spiazzato.
Non ho mai visto raccontare il potere, la violenza, la vendetta e la solitudine tanto bene o almeno non da parecchi anni.
Se ancora non l’avete visto, non perdetevelo, se l’avete già visto, sono curioso di sapere se vi è piaciuto tanto, quanto è piaciuto a me.

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