OPINIONI: l' indie è morto, il mainstream è morto, non ci sono più gli anni 90!


Leggo un’intervista di Manuel Agnelli, quello degli Afterhours, che tanto ha segnato la musica indipendente degli anni 90 e nel nuovo millennio, andato recentemente a fare il giudice a xfactor.
In sostanza dice che la musica indipendente è morta, che gli artisti che ci sono adesso insomma, non sono granchè, che ai tempi c’erano manifestazioni musicali, totalmente ignorate dai media, che facevano anche 40.000 presenze.
Questo mantra lo sento e lo leggo un po’ da tutte le parti. Insomma una fascia a lutto su tutta la musica o quasi e qui mi parte subito una stranissima sensazione, che nasce dal fatto che io ho tutta un’altra percezione, ma proprio diametralmente opposta.
Io di gente brava, ma brava molto, ne sto conoscendo parecchia, Amelie, Roberto Giordi, Nicoletta Marquica, Irene Ghiotto, Valerio Sgargi, tanto per citarne alcuni, tra quelli che conosco. Insomma gente che dal vivo è fantastica, emozionante e che fa anche ottimi dischi e questo è solo il piccolo cerchio delle mie conoscenze, certo c’è anche tanta fuffa, indubbiamente. Sicuramente questo non è un periodo d’oro per le vendite, per le presenze ai concerti, ma vale anche per il cinema e il teatro. Notizia strana di qualche tempo fa, di quell’attore al teatro di Gallarate che si è ritrovato davanti alla sala vuota e ha recitato ugualmente tutto lo spettacolo.
Insomma tempi duri, ma non vale un po’ per tutti gli ambiti? Figuriamoci quello artistico, in un paese che pensa che la cultura e l’arte non siano lavori veri e manco li riconosce economicamente, anzi ti offrono di esibirti gratis “per darti visibilità” e mica lo fanno solo i piccoli locali.
Il problema è il pubblico? In parte, in Italia siamo mediamente piuttosto ignoranti  e pigri, ma non va dimenticato un fattore decisivo, quello economico, la crisi c’è, eccome, per molte persone anche quei 10 euro per andare ad un concerto di un musicista indipendente nel piccolo locale, possono essere un problema, perché si sa, aggiungi un minimo di consumazioni, il costo del trasporto e si veleggia tranquillamente sui 30€  e per molti quei soldi semplicemente non ci sono.
E poi c’è la rete e i mezzi informatici, che se da un lato ha reso economicissimo fare produzioni dignitose e anche la promozione (ma che richiede comunque un lavoro enorme), dall’altro ha frammentato e moltiplicato l’offerta. Se tu apri il tuo profilo e hai qualche minimo interesse nei confronti della musica, col tempo ti troverai sommerso di artisti che promuovono i loro concerti, i loro dischi e per forza di cose, molti li guarderai con distrazione  e superficialità, molti fanno proprio robe che non ti piacciono e finirai per andare al concerto di quello che davvero ti piace e forse comprerai qualche suo brano, a meno che non decidi di ascoltarlo su spotify.
Di certo non esiste più quel numero di persone che fanno corpo, come negli anni 90, ma se non hai soldi per pagare l’affitto, al concerto ci vai una volta ogni tanto, magari prima ci andavi ogni mese.
Insomma questo grido di dolore sulla morte della musica indipendente, mi pare solo il rimpianto per un epoca che è finita, adesso è tutto diverso, più difficile, ma più visibile e forse più solitario, intendo l’artista, ormai, proprio per l’impossibilità di trovare chi si occupa degnamente di produzione, marketing e distribuzione e di non poterlo in ogni caso pagare, si rivolge alla rete e agli economici servizi che vi trova e fa tutto da solo. Infatti una delle note dolenti di questo sistema è che l’artista è costretto a passare più della metà del suo tempo a fare marketing web e promozione, invece di occuparsi della musica.
Però ripensando agli anni novanta, se dovevo produrmi un video promozionale dignitoso, semplicemente era fuori dalla mia portata. Oggi persino con un buon cellulare, un pc e un buon programma di video editing e possibile fare un video decente a costo che si avvicina allo zero, tolte le ore di lavoro e studio per imparare a montare il video e a girarlo.
Insomma esasperata frammentazione, un artista che per forza di cose tende ad essere sempre più eclettico ed ad occuparsi di tante cose, che comprendono creazione, produzione, comunicazione, styling e tecnologia, ma anche molta più indipendenza, soldi pochi indubbiamente, ma qualcuno che riesce con fatica a vivere di musica io lo vedo. Personalmente ho l’esperienza del nostro gruppo, oggi il pubblico te lo devi costruire, direttamente, una persona alla volta, noi ci abbiamo messo due anni per avere i locali pieni
E devo dire che è una soddisfazione enorme, ci siamo dovuti fare un mazzo tanto, ma abbiamo fatto tutto da soli e solo 20 anni fa tutto questo sarebbe stato impossibile.
Insomma qualità e creatività per quanto riguarda la mia personale esperienza, non mancano affatto, è cambiata la fruizione, il pubblico, la produzione e la distribuzione, questa porta con se inevitabilmente ad aspetti positivi e negativi. Di certo questa non è l’epoca d’oro delle vendite e dei concerti di musica e dell’arte in generale, ma di certo io un offerta simile in termini di quantità e accessibilità non l’ho mai vista e di certo aumentando l’offerta, aumenta anche la fuffa  è una legge statistica.
In ogni caso bisognerebbe smettere di dichiarare morto il cinema, morta la musica, morto quello e morto questo, ogni volta che si verifica un cambiamento, bisognerebbe ricordarsi dalla scienza che niente muore ma tutto si trasforma, anche la musica, bisogna solo capire come e non è mica un compito semplice.

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